giovedì, aprile 19, 2012

LA COGNIZIONE DI CHI RIMANE A TERRA - note di regia

per un romanzo montaliano

La partitura testuale del presente lavoro scandisce traiettorie spazio- temporali del romanzo esistenziale montaliano. Montale, come ogni umana creatura è Adulescens, Vir e Senex. Ogni fase della vita vede un’apparizione epifanica femminile.

Lo stesso spazio scenico si propone, nella sua scabra essenzialità, come possibile ricostruzione della vicenda biografica di Montale, anche attraverso la significante presenza dei correlativi oggettivi tesi a fissare ipotesi allegoriche dei momenti fondamentali della crescita dell’uomo e del poeta.

La scoperta che nessuna Verità può più garantire un significato della vita, che nessuna identità è salda e ancorata ad orizzonti di senso predeterminati spinge a lottare in modo arduo proprio nella ricerca di quel senso che ricomponga, almeno in parte, l’animo informe.

La poesia, dunque, risulta essere flebile canto, spezzato in ritmi franti che si percepiscono in distratti disaccordi con un Natura Matrigna che, nel suo abbraccio, mai garantisce sinestetiche fusioni e vitalistici rinnovamenti. È caduta per sempre l’aureola dalla testa dell’uomo-poeta e la sua presenza sul palcoscenico della vita è simboleggiata da una triplice fisionomia, molteplice come la figurazione della sua poesia.

La lirica si trasforma in pulsazioni di attimi di vita vera, in rapidi passaggi di tempo strappati alla dura consapevolezza della crescita che avviene sotto il segno iniziatico del rifiuto del mare. L’approdo doloroso sulla terra risulta essere l’unico orizzonte possibile di abitazione dell’età matura quando il destino è ridotto a meccanicismo che trasforma l’uomo da individuo a automa.

In una terra-vita devastata, e desolata, a picco sul mare e poi rappresa nel chiuso di città, è ancora possibile la ricerca della speranza attraverso miracoli laici che improvvisi si svelano al soggetto: sono gli stati di grazia, il kairòs che nutre la poesia, giallo-dorate cromature, fuolgori di luce, principia individuationis delle donne anelate e amate, e i loro talismani.

Le evocative epifanie delle figure femminili sono l’equivalente di specchi e lenti, schermi coi quali il poeta può osservare e comprendere meglio la propria identità o difenderla dall’accecamento degli specchi ustori del male che hanno il loro posto nello spazio esterno della Terra e di una Storia sempre più sconvolta ed aggressiva nei confronti della libertà di pensiero dell’individuo.

La scena è dimidiata fin dalla comparsa dell’uomo in coppie oppositive: terra/mare, interno/esterno, miracolo laico/tregenda del vivere, e ripete la stessa inevitabile traiettoria fino all’infera notte del poeta-prigioniero, quando lo spazio si ribalta nell’estrema epifania che invera definitivamente la vita e sublima l’incubo in sogno dell’attesa di imprevisti arcani, sola speranza per l’uomo che, nel male di vivere, non rinuncia all’amore, alla pietà e al cammino contro corrente.

C.C.-A.B.

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